| + Dal Vangelo secondo GiovanniVenne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni.
 Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti  credessero per mezzo di lui.
 Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce.
 
 Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da  Gerusalemme sacerdoti e levìti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e  non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei,  dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No»,  rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a  coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono  voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come  disse il profeta Isaìa».
 Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e  gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il  profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta  uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno  di slegare il laccio del sandalo».
 Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava  battezzando.
 
 
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          | Venne un uomo mandato da Dio | Venne, il greco ègèneto è tradotto  anche ci fu, il tempo del verbo (non  abbiamo un corrispondente in italiano) è “acronico”, il senso di un passato  indefinito; si potrebbe dire avvenne:  si sta annunciando l’avvento di un tempo nuovo con un uomo mandato da Dio;  l’avvento di Giovanni è un evento divino che segna la storia. È l’inviato di  Dio per dare testimonianza alla luce. Se per i vangeli  sinottici il compito di Giovanni era di preparare un popolo ben disposto (Lc 1,17), per il quarto vangelo è  innanzitutto quella della testimonianza.
 Mentre il lavoro di  preparazione ha un termine nello sviluppo delle cose, la testimonianza ha un  valore che trascende gli eventi contingenti ed è per sempre.  La sua testimonianza non muore con Giovanni  ma ci raggiunge e diventa la nostra testimonianza. Giovanni dà testimonianza  alla luce perché non era lui la luce;  per questo noi e la Chiesa che non siamo la luce dobbiamo rendere testimonianza  alla luce.
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          | Questa è la testimonianza  | Sacerdoti e leviti  cercano una risposta a una domanda semplice e diretta, ma estremamente  complessa. Se a ciascuno di noi fosse posta la stessa domanda «Tu, chi sei?», forse avremmo trovato  una molteplicità di affermazioni implicando la natura, le relazioni, la  posizione sociale, il ruolo, l’età, il genere e chissà quante altre cose senza penetrare  l’essenza di noi stessi. Basta guardare i profili che si costruiscono in  internet per capire che ogni tentativo di rivelazione di noi stessi è, di  fatto, un nascondersi dietro un’immagine complessa di mille cose.Giovanni, alla  domanda risponde con una negazione, a ogni domanda fa corrispondere una  negazione; questa è la sua testimonianza il “non essere”, lui non è: né la luce, né il Cristo, né Elia, né il  profeta.
 Le risposte lasciano  spiazzati sacerdoti e i leviti che non sanno cosa riferire ai Giudei che li  avevano inviati.
 Il significato della  testimonianza negativa del Battista, il suo non essere è il modo formidabile  con cui Giovanni afferma la presenza del Signore Gesù. La fila dei suoi no invita i suoi interlocutori ad andare  oltre, di non accontentarsi di una risposta ma continuare la ricerca.
 Dirà ancora: Lui deve crescere; io, invece, diminuire (Gv 3,30).
 La testimonianza  deve farsi necessariamente piccola, non può e non deve ingombrare la presenza  del Signore tra noi. Avremmo, come persone, pastori e Chiesa, tante cose da  imparare dal modo con cui Giovanni modula la sua testimonianza. Ci sarebbe da  domandarci se certe forme di autoreferenzialità, alcune manifestazioni troppo  evidenti, la ridondanza rituale o la malcelata volontà di imporre verità e  certezze, più che rivelare si frappongano o peggio si sostituiscano alla  presenza reale del Signore in mezzo a noi; se addirittura non siano indice di  una fede indebolita e stanca, incapace essa stessa di andare oltre per scoprire  il Signore presente anche oggi nel tessuto dell’umanità, là dove parla, agisce  e salva, nonostante l’uomo.
 La testimonianza, per cui la Chiesa viene nella storia come mandata da  Dio, dovrebbe essere una specie di negazione di sé per essere tutta soltanto indicazione del Cristo, come la testimonianza di Giovanni Battista perché tutti credessero per mezzo di lui.
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          | uno che voi non conoscete  | È un’affermazione  che può essere tragica accusa, ma anche un’acuta provocazione. Giovanni ci tiene aperti a qualcosa d’ignoto che è in mezzo a  noi, è sicuro che c’è; non gli basta ciò che è risaputo sulla venuta del Messia  e che è ripetuto dai Giudei. Giovanni attira l’attenzione verso un  Messia presente nella sua assenza, estraneo pur restando in mezzo al suo popolo, di cui ogni sfumatura è nota, ma rimane uno  sconosciuto! Anche Giovanni afferma di non conoscerlo (Cfr. Gv  1, 31-32). Forse nessuno può dire di  conoscerlo veramente perché l'esperienza della fede è sempre una non-conoscenza,  in un incessante cammino verso una conoscenza diversamente da ogni altra. Nessuno può conoscere Cristo da solo, la mia fede non  basta, ho bisogno di quella dei cristiani d'ogni tempo, dagli Apostoli fino a  quelli di oggi. Il Signore non è venuto sulla terra per stabilire una religione  nuova, ma per suscitare una comunione d'amore tra gli uomini. Finché siamo colmi  di noi stessi, convinti di possedere la verità, impegnati a rincorrere le  nostre prospettive, la nostra vita, i nostri convincimenti come potremo  riconoscere il Signore presente in mezzo a noi?  Forse noi lo conosciamo poco, ma lui è  vicino ad ogni essere umano.
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